Il libro di cui voglio parlare stavolta non è uno di quelli, per cosi dire, commerciale ne tantomeno di facile reperibilità. Proprio per queste sue peculiarità è uno di quei libri che prediligo in modo particolare, ormai penso che abbiano capito tutti che non di grandi firme io vado in cerca, bensì di grandi libri.
Questo, nella fattispecie, mi è capitato tra le mani, in modo quasi casuale, mentre scartabellavo tra gli scaffali della libreria di Champoluc. Già il titolo è di quelli che, alle persone come me, attente alle tematiche che riguardano la cultura alpina, fa drizzare le orecchie.
“I nostri vecchi leggevano poco, ma pensavano molto”. Con una intestazione così, pensai, deve essere certamente un grande libro, di quelli che ti fanno vivere la storia in diretta.
Non mi ero sbagliato! Il libro è veramente una pagina commovente di storia della valle d’Aosta.
È, forse, la pagina più importante perché ciò che è più difficile conoscere d’un popolo è proprio il suo pensiero spirituale e, nel caso di questo libro, di come questo pensiero si è andato evolvendo nei secoli, modificandosi, sovente arricchendosi, attraverso le stesse eresie da cui è stato sfiorato, come da quelle di Giansenio, di Calvino o di Ario, fino alla predicazione millenarista.
Quei montanari che “pensavano molto” hanno idealmente scritto le pagine più nobili della loro piccola patria, convinti che, spesso, è la storia del pensiero a determinare quella dei fatti.
Queste pagine, spiega l’autore, sono un approfondimento a proposito del tema “sofferenza” e tentano di spiegare, attraverso ricerche che hanno interessato diverse generazioni, come l’originale “Buona Novella”, diffusa tra le montagne sia andata nei secoli evolvendosi, rispondendo sempre più a quella realtà antropologica, fisica, climatica che era la vita dei pastori dell’Alpe.
L’autore, Vico Avalle, nasce a Torre Pellice, in terra Valdese.
Ha conseguito tre lauree all’università di Torino e svolge, da oltre quarant’anni l’attività di psicologo a Ivrea. Suo segno distintivo è l’ostinazione a partecipare alle guerre perdute, cosi come nel porsi domande senza risposta.
Se questi sono i presupposti, indubbiamente il libro merita di essere letto.