Sono ormai parecchi anni che leggo libri ininterrottamente e posso affermare che uno dei più avvincenti sia senza dubbio “ Il mondo dei vinti”.
Un resoconto, lucido e reale, (sono tutte testimonianze autentiche), del mondo contadino della montagna cuneese.
Tutte dichiarazioni registrate a cavallo degli anni 70 da Nuto Revelli, e trasferite poi in questo testo che risulta così essere lo spaccato di una società che già all’epoca in cui è stato scritto poteva sembrare molto lontana a chi non conosceva la realtà dei luoghi di montagna. A rileggerlo ora dopo 30 anni , la distanza da quelle realtà, amare e molto dure, sembra addirittura siderale, quasi una cosa mai esistita o, quantomeno, difficile da immaginare. Un vero “canto del cigno” si può definire, proprio per il carattere non di sterile resoconto o di storie di autocommiserazione, bensì di orgogliose considerazioni da parte dei protagonisti su quanto era stato fatto per la montagna fino a quel momento e, soprattutto, su quanto si sarebbe potuto, e dovuto, fare per salvare la montagna e il suo mondo.
Storie di miseria, di fame cronica, di fatiche disumane per sopravvivere, ma anche storie di guerre, (le guerre del secolo scorso), cui i contadini hanno dovuto, loro malgrado, partecipare, senza nemmeno sapere il perché. Storie di carneficine alle quali in pochissimi sono scampati, storie di menzogne atte a coprire gli sbagli dei Generali.
A sfogliare questo libro, nel leggere le storie di questa gente di montagna, si nota una quasi patetica ripetizione delle testimonianze, tutti rappresentanti di una generazione particolarmente sfortunata, non dimentichiamo che hanno tutti partecipato alla Grande Guerra, le loro storie sono simili una all’altra, storie di patimenti e soprusi da parte dei ricchi e del clero, ma anche storie di dignità e profondo amore per le proprie origini, per la propria terra. Nessuno degli intervistati si è infatti dichiarato pronto a lasciare il proprio appezzamento di terreno per trasferirsi magari a fondovalle in qualche paese.
Credo proprio che, pur non essendo un testo recente, sia in ogni modo attuale, in questi periodi nei quali assistiamo sempre più, e sempre più impotenti ormai, all’inesorabile spopolamento della montagna, abbandonata dai figli di quei veri eroi che lassù seppero vivere e sopravvivere. Loro, gli eredi della solitudine, solo davanti alla morte si sono arresi, se ne sono andati in sordina cosi come hanno vissuto. E a noi, che abbiamo ammazzato la montagna, non resta che il mondo dei vinti.